L’IVA, la rivalsa e Paolo

L’altro giorno è venuto da me Paolo. Ricordate? Il commercialista di Napoli che lavora con me. Ve ne ho parlato nel famoso post Tutti al mare, tutti al mare che tanto vi è piaciuto. In realtà sospetto che vi sia piaciuto perché stavate partendo per il mare. Anche Paolo stava partendo per il mare. Ischia per l’esattezza, beato lui. Ma non divaghiamo. Dicevo che Paolo è venuto da me e mi ha detto:

Come al solito Paolo ha ragione. Mi ero dimenticato che avevo aperto un blog fiscale. Avevo cominciato a divagare fra questioni serie ed altre meno serie, ma tutte comunque interessanti. Molto più interessanti dell’IVA o dell’IMU. Ed ecco che arriva Paolo e mi richiama all’ordine.

Ma poi ho pensato. Qualcosa di fiscale? Ma chi si fila qualcosa di fiscale. E’ come dire qualcosa di sinistra, si rischia di far ridere tutti. E poi se sei un fiscalista le cose le sai già, mica aspetti che sia un blogger a dirtele. E se non sei un fiscalista, cosa te ne importa della detrazione IVA e delle esenzioni IMU.

Però Paolo è fatto così. Con la sua aria sorniona mi dice le cose che non voglio, io lo mando a farsi benedire e lui si ritira in buon ordine. Poi però ci rimugino sopra, ogni volta che lo incontro nel corridoio mi ricordo dei suoi richiami al dovere e non mi passa finché non l’ho accontentato.

Se quindi questa settimana vi trovate a leggere un post del quale non ve ne importa niente, zeppo di concetti strani, su un caso che capita una volta su mille, sapete chi ringraziare.

Siete pronti? Partiamo. Il caso della settimana è questo.

Cosa succede nei rapporti cedente e cessionario quando il cedente subisce un accertamento IVA che innalza l’aliquota applicata?

Vabbè, prima cosa raccomandate ad entrambi di contattare l’UNITALSI e di prenotare il primo viaggio per Lourdes (c’è poco da scherzare comunque sull’UNITALSI, fanno assistenza vera senza tanto rumore).

Ma poi? Cosa gli dite se siete il loro commercialista?

Gli dite che possono succedere due cose. Che ora cerco di spiegarvi.

La prima cosa che può succedere è che il cedente eserciti il diritto di rivalsa previsto dall’art. 60 del dpr 633/1972. Fino a qui nulla di strano. Il diritto di rivalsa non è altro che un normale diritto di credito che nasce dalla legge, in questo caso il dpr 633/1972. Invece che da un contratto come di solito accade. La rivalsa riguarda la sola imposta e quindi non le sanzioni e non gli interessi che il cedente deve pagare al fisco per effetto dell’accertamento.

In pratica, il cedente manda una fattura al cessionario per sola IVA e se il cessionario non paga gli fa un decreto ingiuntivo.

Il cedente è bene che sappia che può esercitare il diritto di rivalsa a tre condizioni:

  • che non ci siano patti contrari stipulati con il cessionario, patti che sarebbero validi, a differenza che quelli che limitano la rivalsa dell’IVA ante accertamento, vietati dall’art. 18 dello stesso dpr 633;
  • che il diritto di rivalsa non sia scaduto per decorrenza del termine di prescrizione decennale;
  • che il cedente abbia pagato all’erario l’IVA per la quale esercita la rivalsa, nonché interessi e sanzioni addebitati con l’accertamento.

Una volta esercitata la rivalsa, il cerino passa al cessionario.

Se il cessionario è un soggetto IVA, si può detrarre l’IVA pagata al cedente in via di rivalsa entro il secondo anno successivo a quello del rimborso al cedente. Lo dice l’art. 60 che abbiamo già menzionato. Se è un soggetto non IVA paga e basta.

Ma cosa succede se dopo aver pagato al cedente l’IVA addebitata per rivalsa, l’accertamento viene annullato e il cedente ottiene il rimborso dell’IVA?

Voi penserete, ma questo quando le pensa ‘ste cose. Succede, credete a me. Raramente ma succede e se capita a voi, vi assicuro che sapere di essere il primo dopo tanti anni a cui succede una cosa del genere non vi consola. Anzi.

Allora proviamo a ragionare. Il cedente non può tenersi i soldi dell’IVA perché non sono suoi. Sono del cessionario che però potrebbe averli a sua volta già detratti in sede di liquidazioni periodiche e quindi, di fatto, esserseli rimborsati. Ma allora di chi sono i soldi dell’IVA restituita dall’erario?

Sono del cessionario che però deve correggere la detrazione fatta all’epoca del pagamento della rivalsa. Se non lo fa il fisco gli può irrogare una sanzione pari al 90% dell’IVA perché così prevede l’art. 6, comma 6 del d.lgs 471/1997.

Voi direte: ma se il cessionario non sa che l’accertamento è stato annullato cosa succede? Non si sa, ma se fossi il cessionario non starei tranquillo, a meno che il cessionario possa provare di aver fatto tutto il possibile per avere dal cedente notizie sull’esito del contenzioso.

Vedete bene che il cessionario è in una posizione fastidiosa. Se non prova di aver diligentemente chiesto al cedente informazioni sull’esito del giudizio tributario, potrebbe essere chiamato dal fisco al pagamento immediato dell’IVA e delle sanzioni del 90%.

Il rischio per il cessionario è di dover pagare subito l’erario e di dover far causa al cedente per il rimborso della rivalsa, impiegandoci anni per avere indietro i soldi. E comunque avendo pagato le sanzioni.

L’ideale sarebbe quindi che il cessionario paghi l’IVA in via rivalsa solo quando l’accertamento è definitivo o, in alternativa, ottenga garanzie dal cedente riguardo al rimborso della rivalsa o, ancora, offra lui garanzie al cedente garanzie di pagamento al termine del giudizio tributario.

Qualcuno dirà: ma l’art. 6, comma 6 del d.lgs. 71/1997 non prevede una esimente proprio per casi come questi? Ingenui! Intanto quella norma non prevede una esimente, ma semmai una sanzione ridotta che comunque può arrivare fino a 10.000 Euro. Poi comunque la sanzione ridotta non si applicherebbe al nostro caso, perché l’IVA è stata rimborsata, mentre l’esimente riguarda i casi di IVA applicata. Vale quindi la regola generale della sanzione del 90% prevista sempre dallo stesso articolo per tutti i casi di illegittima detrazione.

Inutile dire che un fisco serio che ha fatto un accertamento IVA sbagliato ed ha innescato tutto questo bailamme, dovrebbe evitare di mettere cedente e cessionario nelle peste e dovrebbe eseguire il rimborso direttamente al cessionario, ricordandogli cortesemente di procedere alla rettifica della detrazione e, soprattutto, accompagnando la richiesta da un biglietto di scuse firmato da Antonino Maggiore e da una bottiglia di Coste Piane. Pagata sempre da Antonino Maggiore, mica con i soldi dei contribuenti.

Ma questo è un film che non vedremo mai.

Last but not least, il termine per chiedere al cedente il rimborso della rivalsa è decennale. Meglio per il cessionario.

E con questo abbiamo finito di spiegare una delle due cose che possono succedere.

La seconda cosa che può succedere è che il cedente chieda al cessionario il rimborso anche delle sanzioni e degli interessi. Il cedente lo può fare se il cessionario è stato la causa dell’illecito fiscale commesso dal cedente. Questo può verificarsi per esempio quando il cessionario è un soggetto a limitata o nulla detrazione dell’IVA (banca, ente pubblico) e si è avvalso della sua forza contrattuale per indurre il cedente ad applicare una aliquota inferiore a quella dovuta.

In tal caso il cedente ha un diritto di credito nascente dall’art. 2043 c.c. che gli consente di chiedere al cessionario il risarcimento del danno patito. Il cedente manda al cessionario una bella lettera di richiesta danni e se il cessionario non paga gli fa causa.

Questa seconda possibilità è una novità. E’ stata ammessa da una sentenza della Corte di cassazione uscita pochi giorni fa. Riguarda una causa patrocinata da me e quindi non vi dico il numero. Se vi serve, chiamate Paolo.

Ovviamente nulla vieta che il cedente che si ritenga danneggiato dal cessionario agisca ex art. 2043 c.c. non solo per le sanzioni e gli interessi, ma anche per le imposte, al posto di esercitare la rivalsa ed evitando così di dover avviare due cause distinte. Ma se lo fa, lo fa a suo rischio. Mentre infatti la rivalsa è un diritto certo, subordinato a poche e semplici condizioni, il risarcimento del danno è un diritto incerto, subordinato a prove rigorose e complesse.

Anche il termine prescrizionale è diverso. Il credito ex art. 2043 c.c. si prescrive infatti in soli 5 anni.

Se l’azione ex art. 2043 c.c. è avviata dal cedente sulla base di accertamenti non definitivi, il cessionario condannato a risarcire il cedente deve cautelarsi nel caso gli accertamenti vengano in seguito annullati, in modo da poter ottenere la restituzione di quanto pagato.

In seguito ad una azione ex art. 2043, il cessionario non può detrarsi l’IVA alla quale è stato condannato e questo per i cessionari che sono soggetti IVA e che hanno diritto alla detrazione è un problema. Anche se è vero che il caso della azione ex art. 2043 si pone soprattutto con i soggetti non IVA o che non detraggono l’IVA.

D’altra parte il cessionario ha il vantaggio che può difendersi più facilmente in una causa di risarcimento e quindi potrebbe convenirgli che il cedente si attivi ex art. 2043, invece che ex art. 60. Ma se gli va male, rischia di dover rimborsare al cedente anche sanzioni ed interessi, cosa che invece non avviene in caso di esercizio della rivalsa ex art. 60.

Le scelte che il cessionario deve fare dipendono dalla situazione, come sempre.

  • Se il cessionario ritiene fondata l’azione ex art. 2043 del cedente e infondata la pretesa erariale, può offrire al cedente il pagamento spontaneo dell’IVA in via di rivalsa e offrire una garanzia per il rimborso di sanzioni e interessi, pretendendo però la gestione della causa tributaria. A quel punto l’azione ex art. 2043 potrà essere fermata. Se la pretesa erariale fosse fondata, meglio mettersi d’accordo tutti per pagare l’IVA, esercitare la rivalsa e pagare le sanzioni in misura ridotta che il cessionario rimborserà al cedente.
  • Se invece il cessionario ritiene infondata l’azione ex art. 2043 del cedente e fondata la pretesa dell’erario, è bene che resista alla azione del cedente e si disinteressi della causa tributaria. Se l’azione erariale fosse infondata, si potrebbe proporre al cedente la gestione comune della causa tributaria, previa sospensione del processo civile e garanzie del cessionario al cedente.

Finito. Vi siete divertiti? No? Prendetevela con Paolo.

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