Il mondo degli studi legali è irrequieto come una pentola in ebollizione.
Associate che assomigliano a schiavi incatenati ai remi dei galeoni. Partner che ricordano gladiatori nelle arene. Stagisti mandati alla pugna senza armatura. Marketing in formato panem et circenses. E chi più ne ha più ne metta.
Un segnale della confusione che regna sovrana fra i legali sui modelli di business e sui business da inseguire l’ho ritrovato in un recente trafiletto di un giornale economico.
Dove a proposito dell’ingresso in uno studio legale di un Innovation Manager (auguri!) si dice che tra i suoi compiti ci sarà “la creazione di un legal innovation hub capace di cogliere i processi di disruptive innovation e generare valore per clienti e stakeholder“.
Non so perché ma mi è venuta in mente la scena di Totò nel Wagon Lit con l’Onorevole Trombetta che chiede a Totò di rivolgersi a lui con il titolo di Onorevole.
Totò gli risponde che non può e quando l’Onorevole Trombetta stupito gli chiede “Perché?”, Totò risponde:
-La mia coscienza … non me lo permette!