Era il 4 gennaio del 1968 quando il parlamento approvò una legge, la n. 15 di quell’anno, che all’art. 10 diceva così (la trovate qui):
“Le singole amministrazioni non possono richiedere atti o certificati concernenti fatti, stati e qualità personali che risultino attestati in documenti già in loro possesso o che esse stesse siano tenute a certificare.”
Arriva il 27 luglio del 2000 e il parlamento ribadisce con la legge n. 212 che l’amministrazione finanziaria non deve chiedere documenti già in suo possesso, ma anche documenti in possesso di altra amministrazione pubblica, purché in quest’ultimo caso e solo in quest’ultimo caso il contribuente abbia cura di indicare presso quale amministrazione i documenti si trovano (la trovate qui):
“Al contribuente non possono, in ogni caso, essere richiesti documenti ed informazioni già in possesso dell’amministrazione finanziaria o di altre amministrazioni pubbliche indicate dal contribuente.”
Siamo all’altro giorno, più esattamente al 3 giugno 2019, sono passati 51 anni dalla prima legge e 19 anni dalla seconda legge, e la corte di cassazione deposita una sentenza, la n. 15147 che dice così (la trovate qui):
“Risulta infatti evidente che l’obbligo di acquisizione – correlato alla previsione di cui all’art. 6, comma 4 legge n. 212/2000 ed i conseguenti effetti negativi per il fisco in caso di sua inosservanza – risulta inesigibile nell’ipotesi in cui l’amministrazione fiscale non sia messa a conoscenza dell’esistenza della documentazione che la stessa ha richiesto al contribuente e che quest’ultimo ha inoltrato presso altra articolazione pubblica, faccia la stessa capo o meno ad amministrazione che si occupano di questioni di natura fiscale“.
Ricapitoliamo. Dal 1968 la singola amministrazione non può chiedere al cittadino documenti già in suo possesso senza bisogno che il cittadino debba dire o fare qualcosa. Non lo può fare e basta.
Dal 2000 questo divieto vale anche per l’amministrazione finanziaria – repetita iuvant – che nemmeno può chiedere documenti in possesso di altra amministrazione pubblica, purché il cittadino indichi il nome di questa altra amministrazione.
Nel 2019 la Corte di Cassazione dice che un documento in possesso dell’Agenzia delle dogane non è in possesso anche dell’Agenzia delle entrate, a meno che il cittadino non ne informi l’Agenzia delle entrate.
Mi sfugge qualcosa.
L’Agenzia delle dogane e l’Agenzia delle entrate pensavo facessero parte dell’amministrazione finanziaria.
E pensavo anche che se la legge dice “non possono“, significa “non ne hanno il potere“. Almeno, il Prof. Giacomo Gavazzi nei suoi corsi di Teoria generale del diritto a Pavia insegnava questo.
Ma allora come fa la Suprema a dire che è il cittadino a dire dove sono i documenti consegnati alla Agenzia delle dogane e che l’Agenzia delle entrate non trova? E che se il cittadino non lo dice, è colpa sua?