Nel dibattito politico di questi giorni è comparso un tema nuovo: l’evasione fiscale. Un tema che vale, secondo le ultime notizie, 7 miliardi di euro di maggiori incassi.
Nuovo, voi direte? Ma quando mai! Di nuovo c’è solo il governo, e nemmeno lui è proprio nuovissimo, il tema invece è vecchissimo.
E allora perché se ne torna a parlare? Semplice, perché il governo ha bisogno di soldi (sai che novità!) e ha deciso che adesso basta, che questa volta si fa sul serio, che per il prossimo anno è necessario assestare un colpo decisivo all’evasione fiscale.
Già, ma come? Niente paura, ci pensa Conte. A Palazzo Chigi l’hanno già beccato più volte a guardare Better call Saul e deve esserci stato un po’ di transfer.
Conte ha elaborato una ricetta spezzaevasori a base di galera ai grandi evasori, divieto di uso del contante e chi più ne ha più ne metta.
Sound familiar? Anche a me. E allora? Allora fermi tutti. Voglio scendere. Scendere dal treno delle chiacchere inutili.
Leggo su giornali autorevoli titoli del tipo “L’evasione fiscale: ve la spieghiamo bene noi“. Ma va? Era ora. Aspetta che leggo l’attacco: “Mi sto convincendo che l’evasione sia il problema di tutto il sistema”. Martedì scorso il presidente del Consiglio Giuseppe Conte passeggiava nei corridoi del palazzo delle Nazioni Unite di New York ….(vedi IlPost.it )
Non ci siamo. Prima di tutto Conte di evasione fiscale non sa molto. Fino a due anni fa insegnava diritto civile agli studenti. Bravissimo, per carità. Ma nell’elenco delle sue pubblicazioni non trovate un solo titolo di argomento fiscale.
Secondo, che si accorga adesso, facendo una passeggiata nel foliage autunnale di New York che “l’evasione è il problema“, dopo che ha passato un anno a discutere di flat tax e quota 100 è davvero troppo.
E le soluzioni che propone? Vogliamo parlarne? Parliamone.
Chi mi segue da un po’ sa che di evasione mi sono già occupato. Un po’ di tempo fa ho pubblicato un post dedicato proprio a questo. Vediamo prima di tutto di riassumerne le conclusioni [le fonti indicate di seguito sono tutte controllabili qui:Evasione fiscale: un’opinione scomoda].
Le entrate tributarie sono pari un anno per l’altro a circa 500 miliardi di euro (fonte Corte dei conti).
L’evasione complessiva è stimata dal MEF in misura pari a circa 100 miliardi di euro all’anno (fonte MEF).
L’evasione fiscale accertata e incassata dalla Agenzia delle entrate è mediamente pari a circa 8 miliardi di euro ogni anno (fonte Corte dei conti).
L’Agenzia delle entrate costa ogni anno circa 3,5 miliardi di euro e quindi in realtà l’incasso netto per lo Stato è di 4,5 miliardi di euro (fonte Agenzia delle entrate).
In Italia si evade il 19% delle entrate. La media del tax gap degli altri paesi europei è meno della metà. [ Vedi: The European Tax Gap].
In breve, l’evasione da noi è costantemente il doppio di quella tollerabile.
A questo si aggiunga che il rischio di un controllo fiscale arriva al massimo all’8%. Si tratta di una verifica ogni 12 anni (8/100).
Servirebbe quindi aumentare i controlli. Ma soprattutto aumentare la qualità dei controlli. Perché se i controlli sono pochi e si fanno alle persone che già pagano, il risultato è di fare arrabbiare i contribuenti buoni e ridere quelli cattivi.
E pare che sia proprio quello che succede oggi. E non lo dico io, ma la Corte dei conti: “le attuali strategie di controllo fiscale consentite all’amministrazione … non sembrano essere in grado di indurre significativi cambiamenti nella condotta dei contribuenti …” (fonte Corte dei conti).
Il mio vecchio post arrivava a questa lapidaria conclusione: i governi che promettono di ridurre l’evasione fiscale, senza dire come pensano di farlo, mentono.
E adesso torniamo al nostro Prof. Conte.
Primo: mandiamo in galera i grandi evasori. Ohibò, il Prof. Conte l’esame di diritto tributario non lo passerebbe mai. Perché da noi l’evasione fiscale è un reato dal 1982 e punito in modo parecchio severo.
Severo quanto? Beh giudicate voi: se per una evasione di 50 mila euro si rischia fino a quattro anni di galera, la sanzione non è proprio leggera. Per darvi una idea, la rapina è punita con la stessa pena minima.
Il problema al quale forse pensava Conte è che, nonostante leggi e sanzioni sempre più severe, in galera per reati tributari non ci va nessuno.
Ecco, qualcuno dirà, aveva ragione Conte!
Fermi tutti, un momento. Se ci sono leggi severe ma in galera non ci va nessuno, allora la soluzione non è rendere ancora più severe le leggi, ma capire perché quelle che esistono non vengono applicate.
E perché non vengono applicate? Semplice, perché le leggi penali tributarie hanno sempre previsto, e prevedono tuttora, norme premiali in forza delle quali chi risarcisce il danno all’erario (in parole povere, ripaga le tasse evase) ha tali e tanti attenuanti che in galera non ci va o al massimo si fa un mesetto a pulire i giardini pubblici.
Allora abroghiamole queste norme premiali, direte voi. D’accordo, abroghiamole, e poi? Poi ci tocca mantenere in prigione per quattro anni gli evasori senza aver incassato nemmeno un euro. Perché è chiaro che se l’evasore rischia la galera, che paghi o no, allora non paga. Almeno quando esce si ritrova il gruzzoletto.
E guardate che questa strategia del penale tributario riscossivo non l’ha mica teorizzata uno che insegna diritto civile, ma Francesco Greco, il procuratore capo di Milano.
Ecco allora che il grande fratello penale ideato da Conte è già nato morto.
Passiamo al contante. Salvini, giusto poco tempo fa, si è occupato di questo ed ha proposto di alzare la soglia dei 3.000 euro. Adesso Conte la vuole abbassare.
Il limite per l’uso del contante è cambiato sei volte negli ultimi dieci anni. Guardare per credere l’art. 49 del d.lgs. 231/2007. [Ne abbiamo parlato qui: Contante: istruzioni per l’uso].
Eppure negli ultimi sei anni il livello di evasione fiscale non è diminuito. A riprova che per combattere l’evasione fiscale non basta una passeggiata a Central Park.
In conclusione, business as usual, voi direte. La notizia è che nemmeno l’anno prossimo sarà l’anno della vittoria contro l’evasione? Ma che notizia è, penserete. Lo sapevamo già.
No, la notizia è un’altra e questa non la sapete ancora.
L’anno prossimo dall’anno del grande ombrello fiscale, come si profilava fino a qualche mese fa, rischia di diventare l’anno del grande macello fiscale. [vedi: Il Grande Condono del 2020]
Sapete esattamente cosa vuole dire mettere nella legge di bilancio sette miliardi di maggior gettito da recupero dell’evasione?
Significa che il Ministro dell’economia chiama il Direttore della Agenzia delle entrate e gli dice che nel 2020 deve fare il doppio degli accertamenti fiscali che fa ogni anno.
Il Direttore a quel punto chiama i suoi e gli dice che devono fare il doppio degli accertamenti fiscali e, per incentivarli a lavorare il doppio, gli raddoppia i bonus. Più accertamenti faranno e più saranno pagati.
Siccome gli accertamenti fatti bene richiedono tempo e studio, ma i giorni di lavoro l’anno prossimo non saranno il doppio, il risultato è che voleranno accertamenti fiscali fatti in fretta e furia, pescando a caso nelle banche dati.
E nelle banche dati, come tutti sanno, non ci stanno i nomi degli evasori fiscali, ma di quelli che le tasse le pagano.